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San Marino vuole entrare nell’Unione Europea, avere l’euro non gli basta più

Intervista su ECONOMY a Denis Cecchetti, Direttore Generale dell’Agenzia per lo Sviluppo Economico
di Antonio Buozzi – 14/06/2024

“San Marino ha appena terminato il processo di negoziazione con la Commissione Europea per aderire all’Unione in qualità di paese «associato», che potrebbe un domani fare parte dell’Ue e che già oggi ha un rapporto più stretto. E’ un fatto molto importante per noi e che ci renderà parte ancora più integrante del sistema di relazioni e opportunità economiche europee. É stato un percorso lungo, di circa 9 anni, non semplice per un piccolo Stato, ma ora siamo pronti per dare avvio a nuova fase della storia secolare della piccola Repubblica. E sarà anche uno spartiacque per attrarre aziende multinazionali e fondi d’investimento nella nostra piccola ma dinamica realtà”. Denis Cecchetti, Direttore Generale dell’Agenzia per lo Sviluppo Economico – Camera di Commercio di San Marino, guarda al futuro con ottimismo e fiducia. Grande 61 km quadrati, meno di un terzo della più piccola provincia italiana, Trieste, e con appena 33.800 abitanti San Marino è oggi un piccolo miracolo di produttività e dinamismo economico, in continua crescita, ben superiore in termini di crescita del Pil all’Italia e alla media europea, tanto da avvicinarsi quest’anno, secondo le stime FMI, ai 2 miliardi di euro.

Che cos’è diventata oggi San Marino?

Negli anni ‘70 e ‘80 si insediavano qui aziende soprattutto dalle zone limitrofe per motivi per lo più fiscali e di anonimato societario. Oggi non è più così: questi privilegi sono decaduti, a parte la perdurante favorevole imposizione fiscale, e le imprese apprezzano soprattutto la snellezza del quadro normativo, la qualità dei servizi e il contesto sicuro, tant’è che la provenienza delle aziende è molto più eterogenea: Veneto, Lazio, ma anche dal di fuori dell’Unione Europea, come Medio Oriente, Stati Uniti e Sud America. E se il manifatturiero rappresenta comunque oltre un terzo del Pil, cresce la componente dei servizi avanzati: il tech (blockchain, software, servizi tecnologici), la consulenza e più recentemente ambiti di nicchia quali gli e-sports, con modelli di business micro-specializzati.

Lei in una intervista ha parlato di un “ecosistema funzionale al fare impresa”. Che cosa intende? 

Partirei da quello che interessa agli imprenditori: certezza di quello che si può fare, un quadro normativo comprensibile e che consente di operare in modo sicuro e veloce, servizi all’impresa efficienti, un’imposizione fiscale non invasiva… Ebbene, San Marino corrisponde appieno a tutte queste esigenze. Abbiamo una legislazione duttile, totalmente compliant rispetto agli standard internazionali in materia di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, che si modifica in relazione alle esigenze delle imprese e un fisco, sia sulle società che sulle persone fisiche, meno gravoso che altrove, che lascia alle imprese risorse da reinvestire. Quindi un ecosistema, appunto, molto attraente e di supporto concreto a chi fa impresa e lavora. E oggi, grazie anche all’associazione alla UE,  San Marino è sinergica e complementare alle grandi giurisdizioni, inclusa l’Italia, non più alternativa

In questo modo riuscite ad attrarre anche i champions dell’innovazione?

San Marino è oggi uno di quei pochi paesi al mondo che può agevolmente ‘modellare’ attorno all’azienda, naturalmente parliamo di quelle nei settori più strategici e a maggiore valore aggiunto a livello internazionale, una legislazione su misura. Abbiamo appena emanato un decreto che istituisce le cosiddette «sand box« normative rivolte ai settori più innovativi, termine mutuato dall’ambito high-tech quando sperimenta nuovi progetti e prodotti. In questo caso attorno all’azienda viene costruito un quadro normativo dedicato che integra tutti gli aspetti normativi e operativi: regolamentazione dello specifico settore, standard tecnici, fiscalità, legislazione sul lavoro, premialità, residenza dei ruoli apicali, ecc., e che vale 24 mesi. Se è efficace diventa legge permanente. Quindi se Google o Microsoft, per fare due esempi illustri, fossero interessate ad una giurisdizione capace di creare normativa di frontiera rapidamente ci attiveremmo subito per creare un contesto di certezza, trasparenza ed efficienza.

Meno finanza e industria, quindi, e molto più terziario avanzato…

Tutto è cambiato! Nel primo ambito che lei cita siamo passati dalle 12 banche e 72 finanziarie del 2008, momento di avvio della profonda trasformazione del modello economico sammarinese, durante il quale finisce l’epoca del segreto bancario e dell’anonimato societario, alle 4 banche, 1 finanziaria e 3 società di gestione – le Sgr italiane-  di oggi e qualche player eccellente nel fintech. Oggi a San Marino operano alcuni cluster d’eccellenza molto focalizzati: dai materiali da costruzione e prodotti dell’arredo/design all’automazione industriale, dagli integratori alimentari e la cosmetica ai servizi alle imprese e sanitari, dal digitale fino ad una componente crescente di start-up ad alto contenuto tecnologico. Grazie a loro si è creato un clima culturale e di business aperto e innovativo. E nel manifatturiero, che è ancora molto importante e ha garantito la resilienza del sistema economico e la stabilità al Paese durante le crisi internazionali degli ultimi 15 anni, si sta sviluppando un’industria meno labour intensive e più capital intensive.

Qualche esempio? 

Stanno emergendo progetti che intercettano i grandi trend di sviluppo internazionali con sempre maggiori contenuti di proprietà intellettuale e improntati alla sostenibilità ESG e  si stanno affacciando i primi Fondi di Private Equity, non solo europei, che trovano in San Marino aziende target ad alto potenziale di sviluppo grazie anche al nostro ecosistema di norme e servizi. Poi, ambiti di frontiera, come la cannabis ad uso terapeutico e medicale in cui siamo già attivi con imprenditori sammarinesi ed europei. E’ un settore blindato e che risponde alle rigide normative dell’Agenzia delle Nazioni Unite, che si inserisce nel fornire risposte all’industria farmaceutica a fronte di una domanda mondiale superiore di gran lunga all’offerta.

 

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